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LA MACINA

Recco, 22 marzo 1998 Non ci è dato sapere come accadde esattamente il fatto, né quando…solo che un giorno le persiane della casa rimasero chiuse anche se il sole era già alto. Forse qualcuno era malato…ma dopo un mese: qualche dubbio si era già insinuato nel paese . Lui, Giacomino, passava per le strette vie incastrate del paese con la testa bassa, insaccata nel cappello floscio con la barba sempre più lunga e nera di rabbia. Batté gli scarponi sullo scalino infangato della porta, il fiume, vicino, gorgogliava lieto ed appagato della sua solitaria esistenza. Giacomino aprì la ciuixa, l’acqua sferzò il muschio del canale e precipitò sulla ruota, che restò ferma, pensosa ancora addormentata poi prese a girare con un lento cigolio di sbadiglio; con le mani sui fianchi, il mugnaio stava a guardare, ipnotizzato dal luccicare del fiume: le sponde coperte di foglie gialle sventolavano al vento lunghi alberi spogli. Giacomino si scosse – Doveva lavorare lui! – entrò dentro tra i mil

Tempesta

Qui cadde Tempesta tra i biancori invernali i rossi delle faggete sotto questo cielo blu infinito. Guardo i valloni fioriti: echi, lontani, di guerre indimenticate passano tra gli stormi di rondini spaurite. Immobile resto senza pensieri ascolto racconti non detti gesti antichi rumori lieti attendo suoni che stravolgano la quiete irreale Attendo chi non può ritornare in queste case arroccate di pietra bianche lapidi sui muri testimoni. Guardo lontano i monti - Qui cadde Tempesta mi disse l’amico vecchio - Non torna?! - No! – dissero alla madre. Attendo Cosa?! La vita che torna.

Diario non troppo segreto di un fine settimana in Toscana....immaginario!!!

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Sono a casa quando vedo la polvere rossa alzarsi dietro al lunotto dell’auto che procede a sbalzi nella strada sterrata, quando apro la portiera ed il profumo della lavanda appena sfiorita, del rosmarino e del timo abbarbicato sulle pietre lisce invade l’abitacolo. Ora sono a casa e lo so, è la consapevolezza che mi si avvinghia alle viscere ogni volta che il piede poggia sull’erba umida di Pievescola, ogni volta che guardo le colline voluttuose sospese tra il cielo ed il rosso della terra arata, ogni volta che il vento scompiglia l’erba girandola dal verde cupo al tenero quasi bianco, ogni volta che assaggio la quiete che mi invade, che invade tutti i sensi insieme, d’un colpo, quasi volesse strapparmi ricordi ed emozioni troppo radicate e tristi. I miei occhi non lacrimano per emozione femminile ma perché mi sento come alla fine di un viaggio doloroso e finalmente ritorno dove il mio corpo e la mia mente riposano e riposeranno, dove tutto il dolore di questo anno infinito, delle

LE OSSA DEL SANTO

Le campane rintoccarono le sei del mattino, i campi brillavano di brina sotto l’aurora che si andava esaurendo, dal tenue rosato, al giallo del sole di giugno. Il paese era formato da sei imponenti case di pietra di quattro o cinque piani unite tra di loro da archi e porticati , veri e propri palazzi, i costruttori, di circa duecento anni prima, avevano sfruttato l’altezza visto che il paese si estendeva in una piccolissima pianura stretta, quasi strozzata, tra le colline, che tradivano vocazione di montagna, visto che le sommità spesso si indurivano in anguste punte che agganciavano le nuvole di passaggio, così, che le cime erano quasi sempre avvolte da una nebbia montana. Il paese si stringeva intorno alla Chiesa la cui facciata si apriva su di una piazza ricamata da ciottoli bianchi e neri che formavano fiori e M di Maria in tre cerchi, davanti, una scala portava al cimitero, costruito sotto il livello della piazza e sotto ancora fascie coltivate a patate e la sottile striscia di s

Vernazza

Vernazza Polvere bianca tra gli scogli azzurro di vetro il tramonto rosa la sabbia granchi passano come fantasmi lievi l'odore di sale arriva a me chiudo gli occhi e penso cullo la mia mente al rumore del mare una nave fischia al porto lontano cullo la mia anima tra il sale il vento alza a me le voci genovesi di pescatori ossi di seppie stanno bianchi tra le reti al sole odore di viscere...di pesce baie lontane sogno ma quando apro gli occhi mi trovo bene qui dove sto queste sono le mie baie esotiche dove i suoni sono uguali le case sfumature di colori aggrappate ai verdi vigneti, dove i pesci sono scaglie di luce stelle in un cielo liquido qui la mia anima si culla nel sale. Adriana Port

Liguria

Liguria Lo spirito si perde Nell'infinito mare. Salsedini secche Profumi fruttati Di agavi e scogli. Spuma sferzante Disegnata sui promontori. Uomini pochi Sparsi Confusi nei colori molli dell'autunno. Merletti di reti Sull'acqua oleosa. Rubini d’uva Argenti di ulivi Sui colli Aggrappati Giu’ Verso il mare. AdrianaPort

LA STRISCIA ROSSA

Recco, 23 maggio 1998 La Striscia Rossa La luce della luna si confuse con quella della lampara, Giobatta sbadigliò…guardò lontano i galleggianti della rete che delimitavano il mare, il suo giardino! Quel piccolo pezzo di mare era suo, dentro al cerchio pascolavano i suoi pesci e la sua vita. Poteva andarsene via? Sì, poteva andar via lasciare tutto… anche quello spicchio di mare tutto suo…ma non ne era capace. Si voltò, la riva era lontana, persa tra le onde fluorescenti, una barca a remi passò vicino, in silenzio, e scomparve dietro il faro; era li’ in quel silenzio che lui immaginava, immaginava un’altra vita, uguale diversa? Diversa, uguale ma con piccoli particolari cambiati: ad esempio la striscia della barca! Blu e non rossa. Un’inezia, si ma per voi; per Giobatta no! Per lui stava tutto in quella striscia rossa. Sì, sì rossa e non blu o verde! Era per quella striscia li’ che la sua vita non era quella che lui voleva! Giobatta ne era sicuro, se la striscia fosse stata bl