LA MACINA



Recco, 22 marzo 1998

Non ci è dato sapere come accadde esattamente il fatto, né quando…solo che un giorno le persiane della casa rimasero chiuse anche se il sole era già alto.
Forse qualcuno era malato…ma dopo un mese: qualche dubbio si era già insinuato nel paese .
Lui, Giacomino, passava per le strette vie incastrate del paese con la testa bassa, insaccata nel cappello floscio con la barba sempre più lunga e nera di rabbia. Batté gli scarponi sullo scalino infangato della porta, il fiume, vicino, gorgogliava lieto ed appagato della sua solitaria esistenza. Giacomino aprì la ciuixa, l’acqua sferzò il muschio del canale e precipitò sulla ruota, che restò ferma, pensosa ancora addormentata poi prese a girare con un lento cigolio di sbadiglio; con le mani sui fianchi, il mugnaio stava a guardare, ipnotizzato dal luccicare del fiume: le sponde coperte di foglie gialle sventolavano al vento lunghi alberi spogli. Giacomino si scosse – Doveva lavorare lui! – entrò dentro tra i mille ingranaggi, controllò ü ruassu e tutti quei piccoli e grandi macchinari che l’acqua azionava.
Sistemò la figurina della madonna vicino l’unica finestra con le inferriate, un raggio di sole entrò curioso tra la polvere, e le ragnatele brillarono.
Fuori, un mulo scaricò il primo grano; Giacomino si abbassò il cappello sugli occhi: piangeva.
Lui aveva cercato in tutti i modi di tenere segreta la faccenda, ma le occhiate del paese erano chiare…si, anche fin troppo chiare. Tutti ridevano di lui…tutti, tutti anche le case…si anche le case, che al suo passaggio si chinavano a guardarlo ed a ridere cariche dei suoni e delle risate di famiglie felici. E quel cane la, si quello nero, non rideva forse anche lui ringhiando e tirando la catena? E allora perché tacere, perché? Per farli ridere? Ma si che ridano, anzi li farò ridere di più!
Li’, li ho trovati! – e quelli venuti a macinare si voltavano – Li’, sulla macina avvinghiati, capite? – urlava rosso in volto ridendo – avvinghiati dove adesso c’è il grano!
Era uno spettacolo assai strano vedere un uomo ferito colpirsi ancora, e le risate , le occhiate degli altri? Nulla, nulla per Giacomino inebriato nel racconto!
-         Chiusa in casa adesso! – e con il dito segnava un punto immaginario del bosco
-         Chiusa, non vede nessuno!
Lüenzu scoprì i vuoti della dentatura in un riso sbieco – Chiusa? Ma se lui ci va alla sera! Vi dico di si, l’ha visto mia moglie arrampicarsi dal terrazzo!
-         E Giacomino?
-         Lui non sa! Come sua madre quella, vi ricordate……
Gli ingranaggi coprirono i sussurri di tutti quei contadini che cercavano altre miserie diverse dalle loro per riderne, consapevoli o forse no che consumavano la loro vita senza domandarsi il perché di quella vita, del paese, del mulino; ma paghi della storia sempre nuova e ricca di particolari di Giacomino.
Giacomino, quando tornava a casa,  apriva quasi con timore la porta, lei non si faceva vedere ne sentire solo la tavola apparecchiata testimoniava che durante il giorno aveva camminato e respirato in quelle stanze. E allora lui era preso da ribrezzo per tutti quegli oggetti toccati da lei, di quel cibo che lei aveva preparato, si buttava a letto ma non gli riusciva di dormire, allora si alzava e scappava nel suo mulino, vecchio amico e confidente che lo aveva visto crescere.
Fu così che a casa non ci tornò più, viveva nel mulino sempre indaffarato sporco di polvere e farine sempre più felice della sua infelicità…e lei libera, liberata da Giacomino, lui lo sapeva dagli amici che lei, adesso che lui non c’era più, girava per il paese, aveva riaperto le persiane di casa e che  quell’altro andava da lei tutte le notti…ma a lui non importava, si sentiva una vittima…no, neanche quello era felice della sua condizione di infelice.
Ma anche nel mulino c’era qualcosa che lo pungeva…steso a terra su due sacchi non gli riusciva di prendere sonno, sentiva un dolore al fianco, quel fianco dove sua moglie appoggiava il corpo molle, addormentato. Lui si massaggiava, ma niente il dolore rimaneva.
Il dottore gli disse – Non avete niente Giacumin – ma lui no, sentiva male e vedeva anche il fianco gonfiarsi. Intanto sempre più piegato dal peso dei sacchi di farina lavorava e quando i contadini restavano la notte per la macina, lui faceva vedere ad ognuno il fianco gonfio e dolorante – Va belinuin che non hai niente!
Niente? Come niente? E allora quel livido li, si certo anche livido! Dio non ci aveva fatto caso prima….sì, sì livido!
Una notte mentre massaggiava il fianco dolorante, un raggio di luna piena penetrò attraverso le tegole d’ardesia sconnesse del tetto, ed illuminò la macina addormentata.
Giacomino stette a guardarla strabuzzando gli occhi per un po’…ecco cos’era a non farlo dormire, la macina che poi era sua moglie od era solo una macina…la stessa cosa! Prese un massuolo: Muori, muori – Una scheggia volò contro la figurina della Madonna lacerandola.


Adriana B.Port

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