LE OSSA DEL SANTO

Le campane rintoccarono le sei del mattino, i campi brillavano di brina sotto l’aurora che si andava esaurendo, dal tenue rosato, al giallo del sole di giugno. Il paese era formato da sei imponenti case di pietra di quattro o cinque piani unite tra di loro da archi e porticati , veri e propri palazzi, i costruttori, di circa duecento anni prima, avevano sfruttato l’altezza visto che il paese si estendeva in una piccolissima pianura stretta, quasi strozzata, tra le colline, che tradivano vocazione di montagna, visto che le sommità spesso si indurivano in anguste punte che agganciavano le nuvole di passaggio, così, che le cime erano quasi sempre avvolte da una nebbia montana. Il paese si stringeva intorno alla Chiesa la cui facciata si apriva su di una piazza ricamata da ciottoli bianchi e neri che formavano fiori e M di Maria in tre cerchi, davanti, una scala portava al cimitero, costruito sotto il livello della piazza e sotto ancora fascie coltivate a patate e la sottile striscia di strada sterrata che cercava di unire la civiltà caotica e pretenziosamente moderna di Genova a quel lembo dimenticato della Val Fontanabuona.
Il prete, Don Guido, si affacciò dalla porta della sacrestia, rabbrividì al venticello ancora primaverile che scendeva dai monti alla piazza della Chiesa posta proprio al centro del paese, si guardò intorno e vide che da sotto un porticato che univa due case alla piazza spuntavano già alcune donne solerti come ogni mattina alla prima preghiera – Buon giorno sciä Virginia!
- Buon giorno sciü preve, cömme a va stamattina?
- Bene, venite vi apro la Chiesa…
E Virginia seguita da altre tre donne dalle gote arrossate dal mattino ancora fresco entrarono in religioso silenzio nel tempio, subito il bisbigliare delle loro preghiere riempi’ le navate assai modeste della Chiesa, era un piccolo edificio in pietra esternamente decorato un decennio prima, restaurato nel 1910, donazione famiglia Canepa, come campeggiava sulla facciata, chi aveva comprato la pittura aveva prediletto per un color panna e rosa così da far sembrare l’edificio un grande torta nuziale con tanto di spruzzi di panna delle due statue, di gesso che controllavano la piazza dai lati del tetto.
Dentro un pavimento di ardesia a scacchi di rombi con marmo bianco faceva da contrasto con le pareti affrescate da qualche artista locale molto fantasioso ma povero di tecnica, un’enorme Madonna incombeva dalla navata principale sui fedeli seduti sulle panche, guardava ai suoi piedi con occhi pietosi i contadini che assistevano alla messa, ignari, che forse le mani protese verso di loro fossero esageratamente grandi rispetto al resto del santo corpo, dietro, sulla cima di una bassa collina, c’era Gesù crocifisso leggermente inclinato per chi guardandolo giungeva dall’entrata della Chiesa, anche Lui guardava pietoso chi stava sotto lui…insomma era un crogiolo di Santi e Beate troppo colorati e rubicondi e dalle mani che suggerivano più il lavoro nei campi che la santità delle loro vite.
Don Guido avrebbe voluto far restaurare e abbellire la Chiesa e magari chiamare qualche pittore dalla vicina Genova, ma si sa quando un piccolo paese come quello si spopolava per andare in America, i fondi non bastavano neanche per l’olio santo, e così ci si faceva andar bene quello che altri avevano lasciato li’, l’unica cosa veramente degna di lode era l’altare maggiore in marmo policromo decorato da colonne e putti che sbucavano d’improvviso da un drappo di marmo abilmente scolpito con tanto di pieghe sventolanti ad un immaginario vento. Il primo giorno che Don Guido entrò nel tempio lo notò subito, era veramente di pregevole fattura e probabilmente frutto di una qualche donazione o forse di qualche spostamento da una Chiesa più grande ed importante, ma il vecchio prete che andava a sostituire gli disse che quello era stato proprio donato alla piccola parrocchia per via dei resti del santo che essa custodiva…infatti…come potè accertarsi successivamente Don Guido, nell’altare c’era una piccola fessura coperta con un vetro, da dove si potevano ammirare i resti di alcune ossa, o meglio da dove si erano potute ammirare visto che una mano ignota le aveva asportate circa 100 anni prima e mai più restituite. Da allora la Chiesa andò lentamente in declino poiché dai paesi vicini non veniva più nessuno a portare elemosina dopo che il Santo Patrono l’aveva abbandonata. San Ernesto da Verzi, Don Guido prima di allora non ne aveva mai sentito parlare, era martire di una delle ultime crociate, partito da Verzi per diventare commerciante in Francia si era trovato invece imbarcato per una crociata diretta a Gerusalemme (più che imbarcato deportato visto che era stato colto sul fatto mentre rubava proprio in una Chiesa, ma questo nella sua biografia nessuno l’aveva precisato) da dove portò, al suo paese, l’ennesima spina della corona di Cristo (praticamente ogni crociato di ritorno ne portava una quindi o la corona era molto grande oppure…), qui morì in santità (così diceva l’epigrafe di marmo sull’altare a lui dedicato) nel MCCDVI all’età di 34 anni e li’ riposavano prima del furto i poveri resti ovvero due denti e qualche ossa della mano destra nonché, naturalmente, la spina della corona di Cristo.
Ora senza quegli oggetti di devozione e miracolo (anche se mai ne era stato documentato uno dopo oltre cinquecento anni di devozione) dai paesi limitrofi nessuno aveva più l’interesse per affrontare la scarpinata fino lassù.
Così anche la festa patronale aveva a poco a poco perso seguito ed importanza ed ormai si risolveva in una messa ed in una veloce benedizione ai pochi contadini che ancora volevano fosse mantenuta la tradizione, ma nulla in confronto alla lunga processione con tanto di Cristi portati dalla vicina Lorsica a fare da corona alle reliquie scortate sotto un grande baldacchino di damasco cremisi, con i preti dei paesi vicini dai paramenti bianco latte ricamati a fili d’oro dalle abili mani delle suore. E poi i banchetti di dolci e cianfrusaglie, la banda e tutto quanto occorra per una festa degna di nota.
Don Guido sospirò, a lui non era mai toccato di dirigere una processione in vita sua, visto che appena ordinato prete lo avevano sbattuto li’ in cima alla Fontanabuona, disperso e forse dimenticato dai suoi superiori. Ma la voce di Dio è ovunque, si diceva per consolarsi, nella grande città o nel bosco, in mezzo alla confusione di una processione fastosa o nell’umile tepore di una chiesa quasi deserta…
Ma Don Guido non sapeva che quella nuvola di polvere che vide alzarsi nella strada che passava sotto il cimitero stava per cambiargli, non solo quella giornata uguale a tante altre, ma l’intera sua vita.

La stanza completamente al buio era illuminata solamente da due candele votive legate alle sponde del letto, intorno quattro figure vestite di nero piangevano sgranando un rosario ciascuna, Giovanni entrò, l’odore di medicinale gli punse le narici ed un vago senso di nausea lo pervase, una delle figure sedute ai bordi del letto si alzò – Oh Gianni,finalmente sei arrivato, papà sta morendo e continua a cercare di te…- Gianni si avvicinò al capezzale del padre, lo chiamò, questi aprì leggermente le palpebre che si richiusero immediatamente, troppo pesanti per riuscire a sorreggerle. Dopo un’ora spirò senza aver riconosciuto il figlio e senza lasciare alcunché a lui o alla sorella. Gianni uscì dalla stanza paterna, ora come avrebbe fatto? aveva sperato almeno in una qualche eredità paterna per fare fronte ad alcuni debiti contratti durante, innocue, partite a carte con amici, che poi tanto amici non erano visto che volevano il saldo del debito entro fine mese altrimenti….Gianni rabbrividì e si giurò, per la milionesima volta, che mai avrebbe più giocato a carte con quelli del porto, bravissimi giocatori ma pessimi creditori.
Superò il cancello del convento dove il padre aveva trovato conforto negli ultimi anni della sua vita o come sospettava lui pranzi e cene gratis e soprattutto un tetto sotto il quale riparasi dalla pioggia, con la pretesa di una vocazione, nata, proprio prima che la padrona di casa lo sbattesse fuori dopo un anno di affitto non pagato…certe volte le casualità pensò Gianni. Li vicino notò due frati che preparavano la buca dove suo padre avrebbe riposato per sempre, si avvicinò sembrandogli educato ringraziare quei poveracci che sotto il sole di giugno sudavano al posto suo – Buon giorno, sono il figlio di…
Quelli annuirono senza neanche lasciargli finire la frase – lo sappiamo figliolo, non essere triste dove è giunto ora sarà più felice che qui – il più anziano con gesto teatrale lasciò la pala e segnò il cielo con la mano protesa quasi volesse afferrarlo più che indicarlo.
Gianni sorrise – Grazie è un momento molto triste – pensò a tutti i soldi che doveva e che non sapeva dove prendere. L’altro frate che aveva continuato a lavorare in silenzio lanciò lontano una palata di terra come se volesse allontanare qualcosa dal cumulo che stava costruendo. L’altro frate lo guardò perplesso – altre ossa che affiorano, neanche una bara si prendevano la fatica di fare….
Gianni guardò incuriosito, il frate più anziano rispose alla domanda non espressa – vecchie ossa di contadini, questo prima era il cimitero di un pesino che ora non c’è più, li seppellivano qui durante la peste, come veniva vestiti, nudi dentro sacchi quasi mai in bare…poveracci la legna gli serviva per scaldarsi! Non ritenevano certo reliquie le ossa dei loro cari….
Gianni sorrise, ringraziò ancora i due frati, si voltò e si diresse verso la sua auto passando proprio vicino alle ossa sparse dalla poco gentile palata di poco prima – Non ritenevano certo reliquie le ossa dei loro cari – una vocina continuava a ripetergli le parole del frate, si chinò e veloce senza dare importanza a quello che faceva (come sempre quando stava rubando una cosa) si infilò nella tasca del cappotto alcune ossa probabilmente appartenute ad una mano abituata al lavoro.
Mentre tornava verso l’albergo dove aveva preso una stanza fino al giorno dei funerali del padre si ripeteva la frase del frate e gli veniva via via più chiaro il racconto di un vecchio prete conosciuto nel collegio dove era stato fino ai dieci anni di età, ovvero, di un furto perpetrato ai danni di una Chiesa un secolo prima, furto, che aveva privato il tempio dell’unica fonte di sostentamento, ovvero, di alcune ossa ritenute miracolose perché appartenute ad un santo originario del paese natio cioè di Verzi.
Certo il piano che gli era venuto in mente era un po’ azzardato…ma…meglio che un’incontro con i suoi creditori senza avere contante in tasca.

L’auto si fermò appena sull’orlo degli scalini che portavano al cimitero, spostando qualche ciottolo del sagrato secolare, Gianni scese scrollandosi da dosso un po’ di polvere che era entrata dal finestrino lasciato aperto sul retro, si guardò intorno fermandosi sulla figura del prete che lo spiava da in cima alla scalinata della Chiesa – Buon giorno – Gianni si avvicinò sorridendo e protendendo la mano – Buon Giorno – rispose don Guido stingendo energicamente la mano dello sconosciuto.
- Mi chiamo Gianni non sono originario del paese ma per via delle strane coincidenze della vita…avrei bisogno di parlare con il parroco del paese è lei?
- Si – rispose Don Guido un po’ più diffidente – prego!
E con un gesto lo invitò a continuare – ecco vede un mio carissimo amico emigrato in America venne in possesso proprio a New York di alcune reliquie…
Lasciò che quelle parole penetrassero nelle orecchie protese del prete e ne osservò la reazione, Don Guido da parte sua ebbe un fremito, possibile che parlasse delle ossa di Sant’Ernesto da Verzi. Guido lasciò ancora un attimo che il prete ragionasse poi continuò – ora per farla breve non starò a raccontarle tutti i fatti e le circostanze per le quali il mio amico entrò in possesso di queste reliquie, comunque mi pregò vistosi in punto di morte di riportarle ai legittimi proprietari ovvero alla parrocchia di Verzi, cosa che avrebbe voluto fare lui stesso se una malattia non lo avesse portato via prematuramente – e qui riuscì pure ad assumere un’aria triste e sconsolata aria che non aveva avuto però ai funerali del padre.
Don Guido non riusciva a stare fermo, dondolava da un piede all’atro preso da una forma di agitazione che gli faceva tremare anche le mani e le parole – ma prego, si accomodi, mi scusi sa ma non è consueto per me avere ospiti e poi ospiti con belle notizie non mi è mai capitato da che sono qui!
Gianni si accomodò su di una poltrona che il prete doveva aver usato molto in quegli anni visto che il poggia testa era sbiadito e consunto dallo strofinare di una testa, si guardò intorno quella stanza non era certo più lussuosa o meno della stanza del suo albergo, anzi forse questa aveva la comodità in più di quella poltrona ma comunque tradiva un’economia della Chiesa molto limitata, non rimaneva che la speranza di una qualche donazione magari in gioielli fatta da qualche vergine stufa di esserlo e certa di aggraziarsi le attenzioni del Signore che forse le avrebbe fatto trovare marito o pure di una qualche altra ricchezza nascosta del parroco, anche se ne dubitava fortemente, tutto il paese aveva quell’atmosfera tipica di chi ha donato l’intero abitato alla lontana ma sospirata America. Don Guido riapparve dalla cucina con due tazzine di caffè – prego stavamo dicendo fuori?
- nulla semplicemente che io ho avuto il compito di riportare a casa le ossa di Sant’Ernesto da Verzi…
Don Guido quasi cadde dalla sedia – si sente bene – si affrettò a dire soddisfatto, Gianni, certo che a quel punto le cose si mettessero per il meglio.
- si,si, mi scusi ma sa questa proprio non me la sarei mai aspettata, sono passati ormai tanti anni anzi per essere preciso un secolo e dieci anni da quando sono state portate via…e mai avrei pensato di poterle riavere al loro posto…ma dove sono?
- Al sicuro presso un notaio di Genova, appena sbrigate alcune pratiche doganali e burocratiche le potrò portare qui!
Don Guido si fregava nervosamente le mani – e quanto tempo più o meno?
- direi non più di una settimana….
- Bene così avrò il tempo di avvisare il Vescovo e preparare la festa, ma lo sa che proprio fra una settimana sarà celebrato il giorno di San Ernesto, il 15 giugno moriva il Santo, qui in questa Chiesa e quel giorno apparve nel cielo una nuvola a forma di croce, il sole si scurì e gli uccelli tacquero a sigillo della Santità del nostro concittadino.
Gianni ascoltava in silenzio annuendo dando enfasi alle parole del prete con espressioni degne di un attore consumato, certo che sapeva del quindici di giugno altrimenti non sarebbe stato li’ proprio una settimana prima
- ma mi dica come ha fatto il suo amico ad entrare in possesso di un tale tesoro?
- il mio amico, cioè Davide Costa (gli pareva di aver letto parecchi manifesti da morto andando verso il paese con quel cognome)…
- Eh si sono originari di qui anche se il nome, Davide, non mi dice nulla…forse prima che arrivassi…
- Eh non può dirle nulla no, lui nacque in America, i suoi genitori erano nativi di Verzi lei e di Lorsica lui…. – guardò l’espressione del prete che però non parve avere nulla in contrario circa il racconto che Gianni andava via via ad improvvisare – come stavo dicendo il mio amico Davide faceva commerci, come me, dall’Argentina al Brasile, legnami pregiati…qui in Italia sono molto richiesti ma anche in Germania, sa, addirittura proprio nel nord si sta sviluppando la moda di fare interi pavimenti in legno, per le case, di legni del Brasile lo sapeva?
-no,no…interessante il suo lavoro…
-Mi scusi stavo perdendo il filo del discorso, sa sono abituato più a commerciare che a raccontare! – sorrise bonario, guardando dritto negli occhi Don Guido che non pareva più tradire alcuna diffidenza, e Gianni riprese il suo romanzo – Insomma, per farla breve, un commerciante di legnami doveva a Davide una grossa somma, ma si trovava in difficoltà e chiese a Davide di pazientare, lui era un buono da sempre ed aspettò un anno…poi questo commerciante morì e la moglie si presentò a Davide con una scatola di legno, quella che ora è in possesso del notaio, dicendogli che con quella intendeva pagare il suo debito….
-il povero amico mio non seppe dire di no alla povera vedova e senza neanche curarsi del contenuto delle scatola accettò! Pensate quale fu la sua sorpresa aprendola e vedendo che li’ dentro c’erano delle ossa mummificate…ma poi lesse un foglietto che spiegava che quelle ossa erano di Sant’Ernesto da Verzi e portava il sigillo del Santo Padre ed era datato…uhm…ora non ricordo bene comunque qualche secolo fa… - spiò il prete che oramai si beveva tranquillo tutta quella storia intricata.
- Eh si è morto nel millecinquecento, fu fatto santo poco dopo quindi quella carta doveva avere gli stessi anni delle reliquie…
- Ha ragione bravo! – esortò Gianni – comunque Davide si commosse e pensò che non doveva essere un caso che le ossa fossero proprio state consegnate a lui originario di Verzi…allora prese la sua decisione, avrebbe restituito al più presto le ossa al paese natio! Ma come le ho accennato prima una brutta malattia, forse presa in uno dei suoi innumerevoli viaggi in Brasile, lo ha portato prematuramente via all’affetto mio e di quello della povera moglie…in più alcuni investimenti sbagliati hanno portato quasi alla rovina la sua famiglia e la povera vedova non poteva certo permettersi il viaggio fino a qui, così in punto di morte ho promesso al mio amico di pensare a tutto io…ed eccomi qui! – allargò le braccia e quasi riuscì a toccare da parete a parete la piccola stanza.
Appena uscito l’ospite Don Guido prese il telefono, donazione di un concittadino emigrato a Genova ancora affezionato al paese natio, e si fece passare il Vescovo di Chiavari – Buon giorno don Guido cosa mi dice di bello, è stato riparato il tetto o piove sempre in canonica?
- Oh no grazie grazie ma con il suo cortese intervento tutto è stato messo a posto, la chiamo per tutt’altra cosa, per una notizia a cui sono sicuro non crederà…. – e tutto di un fiato gli raccontò della fortunatissima giornata che stava in quel momento salutando, visto che il giorno lanciò un ultimo disperato raggio sul rosone della Chiesa prima di essere vinto dal buio.
Il Vescovo ascoltò in silenzio dall’altra parte del telefono – Caro Don Guido comprendo la vostra foga e la vostra eccitazione ma stiamo cauti, mi raccomando non diffonda a nessuno questa notizia, la tenga riservata, io verrò appena possibile con alcune esperti, ci sincereremo della verità e dell’originalità dei reperti ed avuto parere positivo inizieremo a valutare tutte le soluzioni per poterle onorare in modo adeguato…
Non sarà necessario spiegare come mai due giorni dopo il secolo XIX usciva con un articolo intitolato LE OSSA DEL SANTO TORNANO A CASA, e di come mai il Vescovo infuriato avesse telefonato a Don Guido – Ma no eminenza io no non ho parlato forse il Sig. Giovanni Passalacqua magari sa…un po’ di vanità…è un giovane…certo eminenza ancora scuse tante….
Fatto sta che quando Giovanni arrivò in paese per portare notizie al Don Guido, ad aspettarlo dalla Chiesa c’era una folla di donne che lo chiamavano e lo strattonavano per potergli stringere la mano – Buon giorno Don Guido, vedo che la notizia si è sparsa…
- Bhe sa com’è un piccolo paese ehm le notizie…. – e fece l’atto di voler prendere il volo – allora cosa dice il notaio?
- Dice che oggi è martedì e venerdì avrete le vostre reliquie con tanto di certificato di donazione e tutto il resto così che a nessuno verrà mai in mente di rivendicarle ed anche se lo facesse…. – fece un gesto per sottolineare che da loro erano ritornate e con loro sarebbero rimaste.
Ora Gianni doveva affrontare il problema del suo guadagno o meglio delle spese che doveva inventare di aver sostenuto per conto dell’amico e a cui la vedova non poteva far fronte e nemmeno lui – purtroppo due investimenti sbagliati, li stessi tra l’altro che fece il mio amico, mi hanno lasciato in difficoltà, tanto che ho preso questo compito con animo triste perché sapevo di non poter adempiere in tutto a quello che avevo promesso, e come le dicevo la povera vedova – e guardò il soffitto quasi fosse li a vederlo – con quello che ha non riesce neanche a campare, non è vera la favola che in America si diventa ricchi, è molto più facile perderli tutti insieme e per sempre i guadagni di una vita come accadde al mio amico ed a me…comunque io ho anticipato ed offerto in parte tutte le spese che ho potuto ora, mio malgrado mi trovo in difficoltà…
Lasciò che Don Guido assorbisse le sue parole – ma certo figliolo dimmi, ha già fatto tanto per noi mi creda molto più che certi nostri concittadini, mi dica tutte le spese a cui è dovuto andare incontro e io farò il possibile!
Gianni non rispose subito – sono così imbarazzato non è mia abitudine chiedere soldi alla Chiesa …
- Figliolo pensa che questa sia una ricompensa per quello che di grandioso tu stai facendo….
- Se la mette così – sospirò – allora ci sono, tolti il biglietto della nave che ci ho pensato io (anche perché lui sulla nave non ci era mai salito) e le tasse portuali che voglio offrire io, quindi tolte cinquanta mila lire – lasciò che la cifra arrivasse al prete – rimarrebbero le altre cinquanta che sono l’onorario per il notaio e le marche da bollo per le pratiche di passaggio di proprietà….
Don Guido lo interruppe – a proposito ma non dovrò firmare qualcosa per l’eredità ricevuta?
- Ah mi scusi non gliel’ho detto, ma per non farle fare un viaggio scomodo fino a Genova mi sono permesso di firmare io al posto suo l’accettazione della donazione, ma se vuole rifaccio fare il foglio e….
- Oh no anzi grazie, per me quello che fate voi è ben fatto! Mi scusi se l’ho interrotta continui…
- Allora le pratiche e l’onorario notarile più i vari balzelli dovuto allo stato per questioni del genere farebbero 60 mila lire tonde tonde…mi faccia ripensare…40 il notaio 10 il bollo per l’eredità e poi venti no anzi dieci non venti e si sessanta in tutto!
Il prete rimase per un attimo in silenzio valutando le possibilità della cassa della Chiesa – è una cifra grossa….
- No ma guardi fa lo stesso, in qualche modo farò, non voglio chiedere i soldi….
- Non ci pensi neppure, farò una colletta tra i paesani, in fondo devono in qualche modo partecipare a questo evento straordinario, poi ci sarà da preparare anche la festa, quindi non si preoccupi…Si diedero appuntamento per venerdì per la consegna delle reliquie e di quanto dovuto per tanto disturbo – allora arrivederci e che il Signore l’accompagni…
- Amen – Gianni avviò l’auto e con un sorriso che poteva tranquillamente fare il giro completo della sua testa, si avviò verso Genova dove sarebbe andato dritto dritto a prenotare un posto su un traghetto verso la Spagna dove avrebbe raggiunto un suo cugino e sarebbe stato il tempo necessario per fare sgonfiare la cosa, ammesso che, qualcuno fosse mai riuscito a scorpire l’imbroglio – ma che imbroglio sono loro che hanno voluto credere ciò che gli faceva piacere…. – rideva salutando con una mano i contadini che si sporgevano dalle fascie al suo passaggio e lo chiamavano a gran voce – Sciu Gianni, vivia u sciu Gianni Passalacqua…..
A Verzi non si parlava di altro, nelle case, nel bar, nella piazza e qualche curioso dei paesi vicini iniziava a tornare in Chiesa, anche la raccolta per il signor Gianni andava a gonfie vele anche se ufficialmente Don Guido per un atto di delicatezza nei confronti di quell’uomo così generoso ma sfortunato non aveva spiegato a cosa servissero realmente tutti quei soldi ma solo che erano destinati per organizzare al meglio la festa e per fare un nuovo reliquiario a Sant’Ernesto.
E così già la sera stessa il prete iniziò il giro delle case e raccolse da li a due giorni ben centomilalire, una cifra enorme neanche immaginava che i suoi compaesani e limitrofi potessero avere risorse del genere.
Intanto il Vescovo chiamava invano in sacrestia ma Don Guido era impegnato a casa di Rosetta a gustarsi prelibate focaccette lievitate e verdure ripiene.
Finalmente qualcuno passando vicino la chiesa e sentendo nel silenzio lo squillo disperato di un telefono avvertì Don Guido che corse in sacrestia appena in tempo per rispondere alla decima chiamata del Vescovo. Il sabato, giorno della festa, sarebbe arrivato il Vescovo con due dottori ed avrebbero analizzato le ossa, ma quando Don Guido gli disse che avrebbero dovuto aspettare la fine della processione per poco al Vescovo non venne un infarto – fine della processione? Ma don Guido lei è pazzo, ma quale processione?
- Eh la festa…sa dovevo…credevo che…insomma….di poter fare la processione già quest’anno…
- Lei non doveva credere o pensare ma ubbidire cosa che non ha fatto dal primo giorno, ma passi un articolo se pur deplorevole sul giornale….ma addirittura portare in processione delle ossa che non sappiamo a chi….
- ma a Sant’Ernesto caro Vescovo…
- ma che santo e santo potrebbero esser anche quelle di una prost….o senta ubbidisca niente processione sabato ha capito! Altrimenti li’ in quella chiesa ci rimane per il resto dei suoi giorni altro che la parrocchia di Moconesi….ha capito! Ha capito! Lei mi farà venire un’infarto…
Clik, il telefono venne chiuso mentre Don Guido cercava di ribadire che proprio la processione non si poteva spostare…
E venne il venerdì mattina e Don Guido sulla porta della Chiesa con tutte le comari del paese e da quelli limitrofi che pregavano e ciatellavano, erano immobili e fissi con gli occhi aspettando che una nuvola di polvere annunciasse l’arrivo du sciu Gianni…ma nulla ed arrivò il mezzogiorno, nel frattempo le comari dei paesi vicino erano andate via e rimanevano solo quelle di Verzi…suonarono l’una le due e le tre del pomeriggio ma nulla intanto anche la metà delle donne del paese era rincasata, passarono le quattro le cinque ed il prete dovette rientrare per il vespro…iniziava a preoccuparsi, forse un’incidente un contrattempo con il notaio o chissa cosa! Poi gli venne anche in mente che ci avesse messo il becco il Vescovo, geloso senz’altro che fossero state date a Don Guido e non a lui le ossa, e che avesse bloccato il Sig. Gianni.
Finalmente alle nove di sera, quando ormai Don Guido aveva perso ogni speranza apparve Gianni – Don Guido mi scusi ma una telefonata urgente, miei affari…mi scusi ancora – invece Gianni aveva scelto apposta le nove di sera, per non avere troppa gente intorno, troppi testimoni e magari qualcuno che prendesse anche la targa della sua auto ovvero di quella posteggiata li’ fuori che non era quella a noleggio con cui era venuto i giorni prima ma era quella sua con cui partiva per la Spagna…così risparmiava anche i soldi della nave….e poi le navi sarebbero state le prime ad essere controllate.
- Ma signor Gianni si figuri, prego si accomodi gradisce un caffè avete cenato?
Fu così che Gianni incasso 60 mila lire più gli altre quaranta che riuscì abilmente a sottrarre dal cassetto della sacrestia e venne pure rimpinzato a dovere dal parroco che gli offri i ripieni della Rosetta ed il pane della Gianna.

Il sabato mattina alle cinque precise alle porte della canonica bussò il vescovo accompagnato da due lungagnoni vestiti di nero con due borse di pelle da dottore piene di boccette pinze e garze…Don Guido venne preso alla sprovvista, per fortuna si era già vestito per essere pronto a ricevere i fedeli già alle prime luci dell’alba – Signor Vescovo….
- Si sposti mi faccia vedere queste reliquie…
Don Guido un po’ imbarazzato ed intimidito dal fare del Prelato li accompagnò nella sua camera da letto dove custodiva la scatoletta che gli aveva dato Gianni e che ancora non aveva aperto, i due dottori si affrettarono a strappargliela dalle mani e senza neanche chiedere il permesso si diressero verso la cucina e chiusero la porta. Intanto la Chiesa, le cui porte Don Guido aveva aperto appena svegliato ancora in camicia, si popolava di uomini in abiti da festa e donne strette negli scialli di lana, tutti pregavano e qualcuno chiacchierava dell’imminente festa ma comune era il senso di agitazione che precede sempre le novità.
I due dottori, passata un’ora,erano ancora chiusi ed intanto l’ora della processione fissata per le otto si avvicinava….finalmente alle otto meno un quarto la porta della cucina si aprì ed i due dottori uscirono, parlarono a bassa voce con il Vescovo che da prima annui’ poi sbiancò ed infine se ne uscì con – Oh mio Dio, non si può lo sapevo che dovevo fermare tutto…
In quel momento quattro uomini entrarono in canonica – presto Don Guido, vogliono la processione sono tutti agitati sono le otto e cinque….
In quel momento il Vescovo e Don Guido si accorsero del vociare nella Chiesa e affacciatisi dall’altare maggiore senza farsi scorgere, videro un’enorme folla che riempiva ogni pertugio della navata e degli altari minori e che straripava fuori, in prima fila i sindaci di molti paesi vicini, alcuni giornalisti ma soprattutto tutti quelli che avevano donato la cifra enorme di mille lire, bastante per fare il tetto della Chiesa e di tutte le case li’ intorno.
- Cosa facciamo ora - chiese Don Guido spaventato del gran pasticcio in cui si era infilato.
- Cosa fa, vorrà dire! Ma figliolo glielo avevo ben detto di stare zitto e non fare nulla finchè non fossi arrivato….uff…cosa si fa?
Cosa si fece? Si fece che la processione alle nove uscì di Chiesa tra gli applausi della gente e gli scatti di tre fotografi giunti apposta per l’evento, si fece che i giornali il giorno dopo descrissero l’enorme folla di cinquecento persone che erano accorse per il ritorno di Sant’Ernesto, forse esagerando un po’ sulla cifra. Accadde che il Vescovo benedì le ossa del santo con queste parole – Voi che siete volate via dal vostro nido ora tornate per la nostra gioia e per ritrovare la pace che meritavate….
Ed il verbo volare e la parola nido non furono messe per caso in quel discorso…visto che i due medici, dopo un’ora di analisi o meglio dopo tre minuti di analisi ed il resto del tempo per decidere il modo migliore per dirlo al Vescovo, sancirono che quelle erano si ossa…ma non risalivo certo a cinquecento anni prima, ma al massimo a un anno prima e che non solo non erano evidentemente di Sant’Ernesto ma neanche di nessun altro uomo pio visto che quelle che biancheggiavano nella teca di cristallo del vecchio altare erano quattro povere ossa di gallina…finita nel cimitero probabilmente perché qualche volpe aveva deciso di consumare in pace il suo pasto.
Adriana B.Port

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