OLIVO E SENOFONTE

Recco, 3 marzo 2000

OLIVO E SENOFONTE

Da lontano sembrava un paese come tanti altri le case strette, le tegole rosse incastrate, i comignoli nebbiosi neri di fuliggine: la quiete irreale si stiracchiava nella campagna assolata. Qui in due casette di pietra piccole, quasi da fiaba vivevano Olivo e Senofonte, esseri fragili, incompiuti attaccati alla terra come le due querce sovrastanti i loro piccoli tetti. In paese li chiamavano gli gnomi, sempre indaffarati, minuscoli perché volevano esserlo, esistevano ma di loro non si accorgeva nessuno, a loro bastavano le casette, le enormi querce, il loro minuscoli caratteri che si fondevano s’intrecciavano come i rami dei due alberi protettori. Olivo e Senofonte erano appagati dai giorni brevi e lunghi, dalle piccole gioie e dai grandi dolori – loro sapevano che per due esseri minuscoli i dolori sono più grandi – ma non si lamentavano.
Vivevano, e dentro questa parola loro mettevano tutto, le posate di casa ed i tramonti dietro la valle sempre invisibili a loro, ma c’erano e qualcuno la’, lontano, ne godeva distratto tutte le sere, anche nell’ultima. Vivevano, ripeto vivevano, felici, distratti contenti di essere li’, amici – Olivo! – e lui arrivava, riparava il tetto, tagliava l’erba del giardinetto – Senofonte! – lei correva portando il pane fresco, i panni puliti.
Sedevano davanti al caminetto tutti e due sprofondati in silenziosi pensieri complici.
Una sera il prete andò a trovarli – Dovete sposarvi! – Perché? – risposero in corale Si sposano gli amanti! Non gli amici!
- Ma non capite che tutto il paese parla di voi?
Spauriti fu questa la sensazione che riempì la casa di Senofonte, tutti – e qui fu lo spavento – tutti parlavano di loro! – Perché? Perché erano amici? – Senofonte sentì la rabbia crescere, per la prima volta nella sua vita, ma non la riconobbe, si curò con erbe, muschi, foglie e certe radici – Un vero toccasana per la febbre – gli disse Olivo.
Rabbia parola sconosciuta a loro sempre indaffarati e felici di poco. Parola mai sentita dalle loro madri, pronte a perdonare tutti con una preghiera ed un sorriso.
Senofonte ricordò suo padre, lui ogni tanto provava rabbia…ma lei no, forse non gli somigliava.
Tutto presto tornò ad essere uguale, Olivo lavorava e Senofonte sognava, pensava spesso a loro – amici – si, non altro.
Ma quello che non divise il mormorio del paese lo divise la guerra: arrivarono i tedeschi che accompagnati da amici insospettabili calpestarono la vita pacifica di Olivo e Senofonte. Entrarono casa per casa caricandosi di oggetti e vite umane. Senofonte e Olivo viaggiarono, come mai nella loro invisibile vita, stretti pigiati dentro lamiere sporche che qualcuno spacciava per treni.
Nulla riuscivano a vedere ma erano certi di allontanarsi, lo sentivano nei pochi suoni del mondo che scorreva, lo sentivano sulla pelle…l’aria che ora respiravano non sapeva più di aromi di boschi, pascoli, di pietre e giardini, ma di cenere vomitata da enormi camini.
Il lavoro rende liberi – qualcuno disse loro – Olivo?
- Si!
- Che libertà sarà mai questa?
Intorno muri e filo spinato, file di essere umani nudi, fosse straripanti; lei fu infilata dentro un capannone di legno, Senofonte piangeva, non sapeva, non capiva perché fosse li’.
- Perché siamo qui?– chiese a qualcuno che si mosse vicino lei, ma quella non rispose guardandola con occhi da pazza.
Tre anni passarono così, Olivo stingeva i denti al freddo, pensava alla sua casa quando lo percuotevano nudo in mezzo alla neve…- Sali le scale!– e lui ubbidiva, poi scendeva di corsa pensando che in fondo alla scalinata ci fosse la sua amica…vicino vedeva altri schiacciati dalle pietre.
La speranza si riaccendeva ogni volta che si rivedevano, poche, ma bastavano. Un fuggevole secondo ed un anno era già dimenticato; lei sorrideva – Tutto bene! – voleva dire, anche se sul suo corpo portava i segni di violenze neanche più combattute. Lui alzava un ciglio – come essere a casa – rispondeva muto, a lei, tutte le volte, anche se stava da ore in piedi sulla maledetta spianata.
- Arrivano gli americani! – qualcuno disse…ed Olivo e Senofonte ritornarono a casa nel piccolo paese aggrappato alle colline della Toscana.
Sopravvissuti, li’ avevano lasciato l’anima per proteggerla dall’orrore e rientrando nelle casette la ritrovarono, ognuno la sua, che danzava ballate antiche.
La presero per mano e si ritrovarono, uscirono, le querce svettavano con i germogli nuovi che spuntavano dalle radici; il prete gli venne incontro piangendo -–Come avete fatto?
Accesero il camino che scoppiettò lieto di essere risvegliato – Siamo amici, glielo avevamo detto quella sera!
Senofonte aggiustò la coperta sulle gambe – Ogni volta che quelli mi picchiavano io pensavo alla primavera, quando Olivo semina l’insalata!
- Ogni volta che mi facevano scendere quella scala, io, pensavo che giù ci fosse lei, con il cesto del pane fresco!
Il prete piangeva in silenzio nell’ombra.




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